BUON COMPLEANNO GIRA "I PRIMI 60 ANNI"

Dici Gira e rivedi la via Emilia. La nebbia che cala su Ozzano, nelle fredde notti d’inverno. E il palazzetto (una richiesta al sindaco e all’amministrazione: non è proprio possibile trovargli un nome, fosse anche PalaGira?) di viale Due Giugno. Scrivi Gira, chiudi gli occhi e la mente vaga. Il secondo dopoguerra e gli anni Cinquanta: i derby con la Virtus e la Sala Borsa, terra di gioco e di conquista (di punti arancionero). Resti con gli occhi chiusi e ti ritrovi nella seconda metà degli anni Settanta: il palazzo dello sport di Bologna (non ancora PalaDozza), il sabato pomeriggio con gli amici e quei biglietti gratuiti che permettono a tanti (anche a chi scrive, sissignore) di scoprire un mondo incredibile chiamato pallacanestro. Campioni che fanno parte del basket di casa nostra, da Massimo Masini e Renzo Bariviera (ex scarpette rosse dell’Olimpia Milano) a Meo Sacchetti (riscoperto dopo, certo, ma lanciato a grandi livelli proprio dal Gira). E ancora i play tascabili, Dante Anconetani e Franceschini, il boscaiolo Steve Patterson, l’elegante Marvin Roberts, il matto Bob Elliott, il biondo e lungo Steve Hayes. I giovani ruspanti Ugo Di Nallo e Mario Ghiacci, l’imberbe Marco Santucci e Achille Gelsomini. Storie che fanno parte di una bellissima favola che, a sessant’anni suonati (in fondo la data di nascita coincide proprio con il 1945), non mostra nemmeno una ruga. Come una bella signora – capace di fermare il tempo e i segni dell’età – il Gira è ancora lì. Meglio, si è spostato di qualche chilometro perché abbandonato il salotto buono della città (il Madison) e una piazza dove due club si sono spartiti tifosi e tifoserie, è stato capace di risorgere (come l’araba fenice) in provincia. Osteria Grande e poi Ozzano. Le serie minori, fino a un posto fisso nell’élite della Lega Nazionale Pallacanestro. L’ambizione di crescere ancora e, intanto, la conquista di una Coppa di Lega, firmata Gianni Zappi e dalla sua truppa incredibile. Ma forse – siete pronti per questo viaggio nella macchina del tempo? E allora allacciatevi le cinture di sicurezza e preparatevi – è meglio procedere per tappe, per comprendere nel migliore dei modi questa favola che non vuole assolutamente conoscere la parola fine.

E partiamo, riprendendo l’annotazione iniziale di ‘Gira… il pallone… Gira 50 anni di canestri’, il volume, edizioni Tipoarte, che Gianni Cristofori ha dedicato al primo mezzo secolo di vita del club arancionero. ‘Quando in un bar nel 1921 alcuni tifosi di un ciclismo da favola toglievano le prime lettere al nome di Girardengo per fondare una società sportiva in cui oltre al ciclismo erano inserite diverse altre discipline, non potevano certo immaginare per quanto tempo questa società avrebbe continuato a girare. E se questi amici e altri ancora nel 1945 presso il caffè del teatro avevano abbracciato improvvisamente uno sport di nome di nome pallacanestro, così diverso dagli altri anche se emergente, dovevano essere, oltre che degli sportivi, anche degli allegri buontemponi. Dalla prima data sono trascorsi 76 anni, dalla seconda 52. E il nostro club resiste ancora. Forse avrà anche ereditato un po’ di quel buon umore perché la caratteristica delle squadre che si sono poi avvicendate è stata sempre e soprattutto la goliardia. Nell’arco di tempo si è espresso ai massimi livelli e nello spazio di un’ora si è trovato a iniziare daccapo. Per ricostruire abbiamo continuato con buona volontà l’attività sportiva. Forse per risalire ancora? Sì, ma divertendosi e con i piedi per terra. Così, sempre in attesa e nella speranza di avere nuovi eredi e di continuare a… girare’. Le foto di quegli anni, seppiate o in bianconero, danno l’immagine di un gruppo di ragazzi eccezionali. Giovani che non hanno paura di niente: nemmeno di giocare all’aperto, su campetti in terra battuta. Si gioca spesso all’aperto, il plexiglas non esiste e i tabelloni sono di legno. Le retine sono un po’ stracciate. Ma si gioca lo stesso anche se il Gira, così come la Virtus, ha un campetto migliore degli altri. Si gioca in Santa Lucia prima di tentare il grande salto in Sala Borsa. E’ un Gira, quello degli albori, che con pazienza certosina cerca di ritagliarsi uno spazio in città. Non è facile, anche perché a Bologna c’è già la Virtus. Quella squadra che vince quattro titoli consecutivi dal 1945 al 1949 e che, per questo, fa parlare di se. E trova tanti tifosi. Il Gira, però, non si smonta e in quegli anni in cui si parla di palla al cesto, porta all’ombra delle Due Torri il primo vero califfo del basket statunitense. Si tratta di James Larry Strong. Strong, in realtà, gioca a Livorno al seguito delle truppe americane. Livorno disputa un torneo a Bologna: osservatori della Virtus e del Gira lo vedono e se lo contendono. Il Gira è più lesto: a ristorante, davanti a un piatto di tagliatelle e qualche bicchiere di Lambrusco lo convince. In città c’è il passaparola. James Larry Strong è il primo vero straniero tesserato per una squadra di basket di Bologna. La città se lo mangia con gli occhi al punto che, al martedì e al giovedì, quando il Gira si allena, c’è un sacco di gente che lo ammira. Di più: Larry non vuole nemmeno uno stipendio nonostante per il Gira ricopra addirittura un doppio ruolo, allenatore e giocatore. Può contare su una borsa di studio del governo statunitense, qua studia lingue. E’ sufficiente che gli trovino un appartamento. Finisce così in via Gandino – il Gira gli arreda pure l’appartamento - e qua trova moglie. Gira e Virtus, Virtus e Gira. Sono loro che si contendono i titoli di giornale alla fine degli anni Quaranta. E all’inizio degli anni Cinquanta c’è pure un passaggio che farà storia. Renzo Ranuzzi lascia la Virtus per approdare nelle fila del Gira. E’ un Gira che non si accontenta del ruolo di seconda squadra di Bologna. E’ un Gira che combatte e che dà spettacolo. E che, soprattutto, cerca il primo successo in un derby. Vittoria che arriverà qualche tempo dopo, grazie a un altro fenomeno d’oltre oceano, sbarcato qua quasi per caso. Si tratta di Frank Germain. All’inizio qualcuno storce il naso: è bianco, ha gli occhiali con lenti spesse come un fondo di bottiglia. Viene dalla base Nato di Verona, ha 22 anni, ma da due stagioni è inattivo. E anche i compagni arricciano un po’ il naso. Così, una volta ‘battezzato’ il giovanotto, lo mettono tra le riserve. Solo che questo ‘riservista’ con gli occhiali ha un vizietto: segna sempre almeno venti punti. Facile intuire che Frank diventi un punto fermo del Gira. Soprattutto quando confeziona una prestazione incredibile. Prima ancora dei 53 punti in una sola gara (contro Venezia, per qualche tempo punteggio da primato per il campionato italiano) c’è una sfida che pare chiusa. Trieste a sei minuti dall’intervallo ha un vantaggio corposo sul Gira, 24 a 3. In un periodo dove si segna con il contagocce è qualcosa di più di una mezza vittoria. Frank non ci sta, comincia a tirare (a due mani, all’epoca usa così) da sette metri. Non sbaglia una conclusione: il Gira si impone per 27 a 24. Leggendario Frank che approda a Bologna, come lui stesso rivela, per caso. Colpa della monetina. Vuole giocare a basket – per questo dall’Austria, dove cerca palestre che gli potessero offrire un posto dove allenarsi, viene mandato per punizione a Verona –: sa che le piazze importanti sono due, Milano e Bologna. Tira la monetina: esce croce, cioè Bologna. La sua avventura con il Gira comincia così. E si esalta quasi subito perché il 7 dicembre 1952 c’è l’apoteosi. Il successo tanto cercato nel derby con la Virtus. Finisce 58 a 45 con 22 punti del solito Germain. Un anno dopo i nostri la combinano davvero grossa: secondo posto in campionato alle spalle del Borletti Milano. Secondo posto (campionato 1953/54) con Germain e Silvio ‘Cina’ Lucev. La palla al cesto cresce si è trasformata in pallacanestro e, sulle maglie, cominciano ad apparire i primi marchi di sponsorizzazione. Il Gira diventa Gira Preti. E il 2 giugno 1954 – foto in bianconero che solleva più di una nostalgia – il Gira, in sala Borsa, affronta la nazionale sovietica, quella che sulle maglie porta quel marchio, Cccp che incute un pizzico di timore. E succede anche che il Gira metta lo zampino in un titolo tricolore della Virtus. Accade nel campionato 1955/56. La Virtus gioca alle 11 a Pesaro e perde. Il Gira nel pomeriggio incontra Trieste, in corsa per il titolo. Perdendo il Gira giocherebbe un tiro mancino ai cugini: è un Gira fatto di pasta particolare. Cina Lucev si fa male nel primo tempo, ma vuole restare in campo vince il Gira. E Tracuzzi, allenatore della Virtus, pretende che ai festeggiamenti ci siano gli amici-rivali del Gira. Da queste parti – siamo nella prima metà degli anni Sessanta – transita anche Franco Bertini, il ‘ragno’. In panchina, dopo il ritiro dal basket giocato, troviamo Silvio Lucev. Nel 1965 il Gira retrocede, addio derby. Un derby che ritorna, nella città dei canestri, un anno dopo, grazie alla Fortitudo. Ma anche nel campionato cadetto il Gira si copre di gloria e onore. In panchina si alternano Dino Costa, Dino Fontana, Corrado Pizzi, Gigi Rapini e infine Ettore Zuccheri. Sul campo troviamo Calamai, Ghiacci, Di Nallo, Rizzardi, Devetag, Pedrotti. Il boom nel 1975/76. Trenta vittorie in 31 gare: Ettore Zuccheri può contare su Massimo Masini e Meo Sacchetti, ma anche Gelsomini, Frediani, Canciani, Anconetani e Ghiacci. C’è la promozione in A2 e, un anno più tardi – il marchio diventa quello storico del Fernet Tonic – la promozione in serie A. Beppe Lamberti è il tecnico, Steve Patterson lo statunitense che si fa valere sotto canestro. Renzo Bariviera l’asso che tutta Italia invidia. C’è anche il successo, nello stesso campionato, in un derby giocato in casa Virtus. Crescono le ambizioni e, nel 1977/78, si aggiungono Steve Hayes e il bizzoso ma talentuoso Bob Elliott. Fioccano le multe per il moro che si fa cacciar fuori dal campo in un derby con la Virtus, giocato di sabato, con due ore di ritardo sulla tabella di marcia, perché la neve seppellisce e isola Bologna dal resto d’Italia. Nel 1978/79 c’è Lino Bruni in panchina, c’è un giovanissimo Marco Santucci. C’è soprattutto Marvin Roberts: il Gira, però, retrocede. Sarebbe A2, c’è la prospettiva di un trasferimento a Reggio Emilia, perché nonostante il successo il Gira non riesce a trovare un suo pubblico. Troppe tre squadre (unico caso in Italia) anche per una piazza appassionato come Bologna. E il Gira allora sparisce? Lo ritroviamo in C2 nella stagione 1980/81n con Rizzardi e De Bonis e pure Stefano Dall’Ara, oggi amministratore delegato. Prima Osteria Grande poi Ozzano. La riforma dei campionati porta il Gira in serie D, poi in C1 e, con Massimo Magri in panchina, la promozione in serie B nel campionato 1988/89. Sette anni dopo servirà un altro Massimo, questa volta Bernardi, per sbarcare trionfalmente in B1. In queste stagioni la bandiera è ‘Bis’ Sanguettoli, insieme con Dall’Ara, e si avvicendando Marco Santucci (ancora lui), Pierre Caffaggi, Della Valentina, L'indimenticabile Marco Marchetti che diventerà la nuova bandiera degli anni 90, Antonio Muscò, Moris Masetti, Alberto Ballestra il mitico Carlo Marchi. Nell’anno della promozione troviamo anche Marcheselli e ‘Tazzi’, ovvero Daniele Albertazzi, uno che ha una passione infinita. C’è il primo Matteo Benzi. C’è il primissimo ‘Bullo’ Bulleri. E’ un Gira che appassiona e che si ritaglia un suo spazio importante. E arriviamo così agli ultimi dieci anni. Quelli della B1 e del consolidamento della presenza del club a Ozzano, con i sindaci e le amministrazioni comunali che nel frattempo si sono succedute sempre vicine ai colori arancionero e spesso presenti a bordo campo, con il loro entusiasmo e la loro passione. Gli anni della B1 che portano, sulla via Emilia, tanti giocatori carichi di gloria e di storia ai massimi livelli. Volete qualche nome? Facilissimo, perché l’elenco è assolutamente lungo. Ricky Morandotti, per esempio, uno che con la Virtus è stato capace di vincere quattro scudetti e un’Eurolega (senza dimenticare la Supercoppa) e Andrea Dallamora, gioiellino di una Fortitudo che per lui avrebbe rifiutato offerte miliardarie (lui e Sciarabba, pure lui girino per un periodo, valutati qualcosa come 16 miliardi di vecchie lire), Maurizio Ragazzi, ovvero il popolare ‘Riccio’ visto all’opera in Virtus, Benetton e Napoli e con altre canotte. Che dire, poi, di Andrea ‘Micio’ Blasi, tragicamente scomparso qualche anno fa? ‘Micio’ porta a Ozzano la sua passione, la sua dedizione al lavoro, lo spirito di gruppo e tante altre qualità che lo rendono se non unico quantomeno raro. Un Gira croce e delizia dei propri tifosi. Capace di imprese memorabili ma anche di partite e stagioni meno brillanti. E in panchina Gianni Zappi, Mauro Di Vincenzo, Federico Fucà. Un Gira capace, nella stagione 2001/2002, di arrivare a un passo dalla promozione. Un Gira capace di costringere Teramo – oggi punto di riferimento del basket d’élite per l’Abruzzo dopo la scomparsa di Roseto – alla bella per tentare la grande risalita in Legadue. Un Gira, in quella stessa stagione, capace di un’impresa straordinaria. Ovvero della conquista della Coppa di Lega, trofeo in carne e ossa presente oggi nella bacheca arancionera, custodita gelosamente da un presidente tanto generoso quanto appassionato quale Gino Di Giansante. Bel Gira, davvero, con un autentico crac per la categoria pescato nel mercato invernale per sopperire all’assenza di Stefano Agostini. Il Gira perde il proprio ‘marine’ – che Charlie Recalcati avrebbe voluto vedere in azzurro nelle sue formazioni sperimentali – ma Stefano Dall’Ara, sfruttando il canale preferenziale con Massimo Faraoni, porta a Ozzano Simone Cotani. E’ un quattro che non ha grande tiro dalla distanza, ma è un quattro che ha una fisicità e un’esplosività che nel campionato di B1 non trova eguali. Ed è Simone che fa volare il Gira. E gli altri di questi anni? Impossibile non ricordarsi di un americano. Già, perché il Gira trova il modo di fare parlare di se tesserando uno yankee. Nessun ‘manino’ come si dice da queste parti, nessuna truffa. Il giovanotto in questione si chiama Ryan e sulla testa ha un ciuffo ribelle. E’ il cognome che lo rende unico, perché si tratta di Bucci, figlio del leggendario Ercolino George, prima a Siena e poi, soprattutto, in Fortitudo. Sono tanti i protagonisti del Gira degli ultimi anni che meritano di essere menzionati. Quali altri nomi fare? Beh, prima di tutto quello di Tommy Rinaldi, in due frangenti in arancionero. Uno dei migliori prospetti della sua età, un 1985 del quale sentiremo parlare ancora in futuro. Tra i ‘vecchietti’ ecco Ciccio Palmieri. Sa palleggiare solo di destro,. Non è altissimo. Ma ha un cuore che fa provincia. Ciccio è il triplista al quale attaccarsi nei momenti di disperazione, Ciccio è il giocatore che ogni allenatore (e ogni tifoso) vorrebbe sempre avere dalla propria parte. Perché è uno capace di gettare il cuore oltre l’ostacolo quando il pallone scotta. Poi Francesco Basei, il ‘Baso’ della via Emilia in contrapposizione con il più celebre Baso della Fortitudo. Arriva a Ozzano passando per il vivaio della Benetton. Non altissimo (per lo meno non da cinque), ma esplosivo e con il sacro fuoco addosso. In tre anni diventa un giocatore completo, uno che sposta a livello di B1. Uno che non a caso, in questo momento, ha scelto la Legadue per proseguire il suo processo di maturazione. E, venendo ai giorni nostri – gli ultimi per essere più precisi – ecco Luca Carretta, il bomber dell’ultimo tiro. Ma in aggiunta al capitano, Giovanni Setti, vorremmo fare soprattutto un nome, quello di Matteo Bastoni. Sembra che giochi in punta di piedi, apparentemente distratto da quello che lo circonda. Il classico ‘all around’ dalle mani di velluto e dalle intuizioni rapide, che gli consentono di arrivare prima degli altri con un briciolo d’anticipo rispetto agli altri. Se solo fosse più consapevole dei propri mezzi potrebbe anche salire di categoria. Per ora, però, il Gira, se lo tiene ben stretto perché il giocatore vale. Eccome se vale.

Alessandro Gallo

©2006 Gira Pallacanestro